Il fascino del «divino». Dal Motore Immobile in Aristotele e dintorni

Il fascino del «divino». Dal Motore Immobile in Aristotele e dintorni

21,00 €
Nessuna tassa
Tipologia:

Scheda dati

Autore
Maurizio MARIN
ISBN
978-88-213-0456-9
Tipologia
Cartaceo
Pagine
310
Anno di pubblicazione
2000

Descrizione

Filosofia
Quantità

Disponibile in LAS
Se non si cade nel pozzo di Talete o non si resta sospesi nel cesto del Socrate aristofanesco, le riflessioni sul Principio del mondo e della sua bellezza contribuiscono non poco a diradare le tenebre o le foschie della caverna quotidiana dei nostri istinti.
In contrapposizione allo stressante dinamismo odierno, l’attività nell’immobilità quale vertice della realtà ebbe la sua formulazione più rigorosa e provocante nel Motore Immobile di Aristotele. In esso convergono numerose e secolari rielaborazioni culturali, e a sua volta suscitò molti ripensamenti sull’uomo e sul mondo.
La natura, vista con animo libero, può sembrare come ad Empedocle il quadro di un abile pittore, la volta celeste può trasformarsi come per i Pitagorici in grandiosa combinazione di inesprimibili armonie, il senso profondo della vita può rivelarsi come per Anassagora una vocazione a contemplare gli astri.
La scimmia più bella è brutta se paragonata all’uomo, l’uomo più bello è assai brutto se paragonato ad un dio, osservava il saggio Eraclito di Efeso. Questo probabilmente vale anche per ogni discorso sulle realtà che ci trascendono.
La risposta più adeguata dell’uomo al divino è lo stupore, la meraviglia che è insieme gioia della bellezza. Se è qualcosa di ancora più elevato, esclamava Aristotele al vertice delle sue riflessioni sulla realtà divina, è ancora più meraviglioso. È inutile ostinarsi a negare il valore dei discorsi umani su Dio, perché, si potrebbe dire con Eraclito, come può nascondersi colui che non tramonta mai? Il problema maggiore non sta nell’impossibilità di parlarne, ma nell’inadeguatezza di ogni discorso alla sua bellezza. Diceva l’acuto Plotino che c’è troppa luce per vedere.