Salesiani in Terra Santa dall'"opera Don Belloni" al mandato britannico (1863-1920)
Scheda dati
- Autore
- Paolo PIERACCINI
- ISBN
- 978-88-213-1631-9
- Tipologia
- Cartaceo
- Collana
- Studi
- Numero collana
- 35
- Pagine
- 456
- Anno di pubblicazione
- 2025
Descrizione
Il volume tratta dell’insediamento e dei primi trent’anni d’attività dei Salesiani in Terra Santa (1891-1920), basandosi su documenti archivistici in prevalenza inediti. L’approdo dei figli e delle figlie di don Bosco avvenne in risposta all’invito del canonico patriarcale don Antonio Belloni (1831-1903), che trent’anni prima aveva fondato un primo orfanotrofio cattolico a Betlemme e successivamente le case di Betgamal, Cremisan e Nazaret. Col passare degli anni, la sua Opera educativa e di beneficenza si sviluppò a tal punto da rendergli quasi impossibile gestirla convenientemente, mancandogli adeguate risorse finanziarie e di personale.
Il volume tratta dell’insediamento e dei primi trent’anni d’attività dei Salesiani in Terra Santa (1891-1920), basandosi su documenti archivistici in prevalenza inediti. L’approdo dei figli e delle figlie di don Bosco avvenne in risposta all’invito del canonico patriarcale don Antonio Belloni (1831-1903), che trent’anni prima aveva fondato un primo orfanotrofio cattolico a Betlemme e successivamente le case di Betgamal, Cremisan e Nazaret. Col passare degli anni, la sua Opera educativa e di beneficenza si sviluppò a tal punto da rendergli quasi impossibile gestirla convenientemente, mancandogli adeguate risorse finanziarie e di personale. Desiderando la continuazione di istituzioni di grande utilità per la diocesi gerosolimitana, ritenne necessario cederle a una solida Congregazione che perseguiva le sue stesse finalità, quella salesiana. I figli e le figlie di don Bosco, colta quest’inattesa opportunità, si trovarono ad affrontare molti e inattesi problemi: l’integrazione fra i 30 salesiani nuovi arrivati, tutti italiani meno uno, e i “belloniani” rimasti in minoranza; i pesanti debiti da estinguere; il contenzioso giuridico con il Patriarca Piavi circa il titolare delle proprietà (appartengono al Patriarcato o a Don Belloni?). La prudenza e la flessibilità del beato Michele Rua, recatosi due volte in Terra Santa, fu determinante per superare i problemi più urgenti, anche con qualche compromesso. Poi, la progressiva importanza assunta dalle Opere salesiane palestinesi finì per attrarre l’interesse delle potenze europee, che iniziarono a contendersene la protezione religiosa. I Salesiani decisero di optare per l’Italia (1904) che però, nell’assumersi la tutela di quegl’istituti ed elargire i promessi aiuti finanziari, pretese che nelle case salesiane fosse prioritariamente insegnata la lingua della Penisola. Questo suscitò l’aspra reazione di alcuni confratelli di origine locale, contro quella che a loro giudizio era la sottomissione delle opere religiose palestinesi alla politica coloniale italiana. Sullo sfondo della prima guerra mondiale, lo scontro (che era di carattere culturale, disciplinare e politico) salì di tono col trascorrere degli anni, rendendo conflittuale la vita comunitaria e inceppando l’azione educativa e assistenziale. Nel 1920 Don Albera e Don Ricaldone pensarono di risolvere la dolorosa vicenda richiamando i “missionari” italiani a un più concreto impegno di “inculturazione”, allontanando i sacerdoti più turbolenti e trasferendone qualcuno in Italia, mentre altri furono accolti fra il clero del Patriarcato latino. Nonostante questo “scossone” e appena passata la guerra, le opere salesiane in Terra Santa ripresero le loro attività, e conobbero uno sviluppo notevole durante il successivo periodo del Mandato Britannico.